Spesso confuso con il patriottismo, anche il nazionalismo evidenzia una qualche forma di orgoglio nei confronti del proprio Paese, ma c’è una distinzione incredibilmente importante da fare tra i due. Storicamente, sia il patriottismo che il nazionalismo sono stati usati con un significato più o meno simile.
Ma, nel corso della storia, hanno assunto significati divergenti, con uno caratterizzato da una connotazione molto più positiva dell’altro.
Nazionalismo: definizione
Se dovessimo dare una definizione di nazionalismo potremmo definirlo come “lealtà e devozione a una nazione, proprio di chi manifesta un senso di coscienza nazionale”, ma anche l’esaltazione della propria nazione sopra tutte le altre, ponendo l’accento principale sulla promozione della sua cultura e dei suoi interessi rispetto a quelli di altre nazioni o gruppi sovranazionali.
Storicamente, il nazionalismo è stato utilizzato per definire soprattutto movimenti politici e militaristi radicali come il nazismo, tesi verso forti politiche protezionistiche. Mentre il patriottismo (un termine facilmente confuso con il nazionalismo) è decisamente innocuo, il nazionalismo è di natura più controversa.
Il nazionalismo fa perno sulla cultura, la lingua e spesso la razza di un Paese. Può anche includere letteratura condivisa, sport o arte, ma è principalmente guidato da motivazioni culturali. I Paesi dei leader nazionalisti non aderiscono a organizzazioni o associazioni internazionali e mantengono una visione superiore di sé stessi a discapito delle altre nazioni. Il nazionalismo ha una visione positiva della colonizzazione poiché vede se stesso come lo stato supremo. Tutte le ideologie che minano o contraddicono la nazione sono da condannare.
Inoltre, nelle sue forme estreme, ha portato al genocidio, all’olocausto e, più specificamente, alla pulizia etnica in Bosnia negli anni ’90.
Nazionalismo: una breve storia
Storicamente, il nazionalismo ha sfruttato la sfera economica, politica e culturale come mezzo per promuovere il benessere e la superiorità di una data nazione su quella di tutte le altre.
Questo termine fu usato per la prima volta nel XVIII secolo come un modo comune per definire e promuovere una nazione secondo “principi etnografici”. Sebbene l’Impero Romano e il Sacro Romano Impero avessero alcuni aspetti nazionalistici, erano molto più favorevoli a un cosiddetto “stato mondiale”, che abbracciava le nazioni sotto un’unica bandiera.
Nel XVIII e XIX secolo, tuttavia, le rivoluzioni francese e americana hanno innescato una nuova era di nazionalismo che ha promosso una nazione unificata e i suoi interessi politici ed economici.
Mentre l’Europa era in uno stato di guerra politica e ideologica con l’azione di Jean-Jacques Rousseau e Napoleone che plasmavano gli ideali nazionalisti in Francia e Otto von Bismarck che unificava la Germania nel 1871, il nazionalismo iniziò ad assumere implicazioni più forti. E, accanto al forte senso di identità nazionale, vennero abbracciate le idee più pericolose di superiorità razziale e nazionale.
I regimi fascisti come quelli di Benito Mussolini e Adolf Hitler hanno cavalcato le turbolenze economiche e politiche dell’inizio del XX secolo per soggiogare l’individualismo ai bisogni della nazione facendo affidamento sull’identità e sulla tradizione nazionale. Il partito nazista di Hitler era imperniato sugli ideali di superiorità della razza ariana e sulla presunta supremazia culturale, intellettuale e militarista del popolo tedesco su tutte le altre nazioni. Le nazioni alleate alla fine riuscirono a sradicare la minaccia nazionalista da Paesi come l’Italia e la Germania.
Nazionalismo o patriottismo?
Nazionalismo e patriottismo non sono lo stesso concetto. Mentre per patriottismo si intende la devozione verso il proprio Paese, i suoi ideali e valori, il nazionalismo è più la promozione della cultura, della lingua e della supremazia di una nazione sulle altre (vedi anche l’articolo sul sovranismo).
In questo senso, il nazionalismo fa propri i concetti di razza ed etnia, il che può avere implicazioni pericolose. Il patriottismo è molto meno ideologicamente distruttivo del nazionalismo e non si basa sulla stessa ideologia.
Dunque, il nazionalismo ha generalmente una connotazione negativa. È usato per indicare una devozione più estrema ed esclusiva per il proprio Paese, a scapito di stranieri, immigrati e persino persone che si ritengono non appartenere a quello stesso stato, spesso per motivi razziali e religiosi.
Il nazionalismo moderno
Con l’ascesa al potere di Donald Trump e Vladimir Putin, il 21° secolo non è sfuggito al nazionalismo. In India, Narendra Modi, autoproclamato “nazionalista indù”, è stato eletto primo ministro nel 2014. Stesse preoccupazioni nazionali hanno spinto la Gran Bretagna ad abbandonare l’Unione Europea nel 2016, dando inizio al fenomeno della Brexit.
Più recentemente, il presidente Trump è stato ampiamente criticato (insieme ad altri leader internazionali come Putin in Russia) per la rinascita del nazionalismo.
Il nazionalismo nella leadership politica sta apparentemente dominando molti dei principali leader mondiali attuali, mascherato da frasi come “rendi l’America di nuovo grande” che possono essere facilmente modellate sulle intenzioni nazionalistiche.
Cos’è il nazionalismo economico
Il nazionalismo economico è una forma di nazionalismo che promuove l’industria nazionale, il lavoro e l’economia rispetto alle multinazionali o al commercio internazionale. Tuttavia, il nazionalismo economico è tutt’altro che un nuovo modus operandi. In effetti, le politiche protezionistiche portarono economisti come Adam Smith a ipotizzare che il libero scambio tra altri Paesi (l’opposto delle politiche economiche dell’epoca) promuovesse effettivamente la crescita economica per tutti i Paesi coinvolti.
Sulla stessa lunghezza, l’economista Robert J. Samuelson ha scritto nel 2016 per il Washington Post che “il pericolo del nazionalismo economico è che ci induce a pensare che i nostri problemi abbiano origine principalmente all’estero e possano essere risolti con politiche commerciali più” dure”. Non è così. Vale la pena ricordare che le due maggiori battute d’arresto economiche dalla Seconda Guerra Mondiale sono state entrambe di origine interna: l’alta inflazione della fine degli anni ’70 e la crisi finanziaria del 2008-2009.
Tuttavia, secondo Steve Bannon, l’ex capo stratega di Trump, la presidenza Trump ha l’obiettivo di mettere a punto un “programma nazionalista economico”.
Nazionalismo e protezionismo
Tra le politiche nazionalistiche più comuni vi è il protezionismo, definito come una politica di protezione delle industrie nazionali dalla concorrenza straniera mediante tariffe, sussidi, quote di importazione o altre restrizioni o handicap posti sulle importazioni di concorrenti stranieri.
Queste politiche, come quella sui dazi, ad esempio, hanno suscitato grande clamore negli ultimi anni. La presidenza di Trump negli Stati Uniti ha portato con sé politiche economiche protezioniste tese a portare “prosperità e forza” alla nazione. La preoccupazione è quella di salvaguardare la produzione nazionale evitando la delocalizzazione delle attività. E dazi e tasse nei confronti della produzione extranazionale sono presentate come un presunto rimedio.
Per compensare la minore quantità di scambi, il nazionalismo economico sostiene l’aumento delle politiche fiscali per aiutare le imprese. Ciò include un aumento della spesa pubblica per le infrastrutture e tagli fiscali per le aziende. Il nazionalismo economico si oppone all’immigrazione perché sottrae lavoro ai lavoratori domestici. Le politiche di immigrazione di Trump hanno adottato il nazionalismo quando ha promesso di costruire un muro al confine con il Messico.
In definitiva, non c’è una chiara tendenza globale che suggerisca un aumento del nazionalismo, ma invece, c’è stato un aumento della politica nazionalista in alcuni Paesi, espresso dall’ascesa di nuovi partiti, dal successo elettorale dei candidati nazionalisti o dallo spostamento del discorso pubblico di partiti consolidati. Questa tendenza non è né uniforme né universale.
Tuttavia, ciò non significa che non vi siano motivi di preoccupazione. Le cause strutturali del nazionalismo sono profondamente radicate e non facilmente modificabili. La crisi economica globale è stata un fattore che ha contribuito all’aumento del nazionalismo nei Paesi in cui particolari gruppi si sentono svantaggiati e temono o subiscono una perdita di status.
Leggi anche: