Donald Trump, Marine Le Pen, Hugo Chávez, Matteo Salvini: i populisti sembrano aumentare negli scenari politici di tutto il mondo. Ma cos’è esattamente il populismo? Qual è precisamente la differenza tra populismo di destra e di sinistra? Il populismo avvicina il governo al popolo o è una minaccia per la democrazia? Queste domande non sono mai state così pressanti.
Quando si può parlare di populismo?
Questa è una domanda controversa. Nella scienza politica, il populismo è l’idea che la società sia separata in due gruppi in contrasto tra loro: “il popolo puro” e “l’élite corrotta”, secondo Cas Mudde, autore di “Populism: A Very Short Introduction“.
Secondo i populisti, la politica dovrebbe essere un’espressione della volontà generale delle persone, non di una cerchia ristretta e corrotta. Ad esempio, nel suo discorso di insediamento Donald Trump afferma: “Per troppo tempo, un piccolo gruppo nella capitale della nostra nazione ha raccolto i frutti del governo mentre il popolo ne ha sostenuto il costo“.
Il populismo è di destra o sinistra?
Questo concetto può essere utilizzato da politici di sinistra o di destra, in quanto non è sostenuto da una singola ideologia, ma è un fenomeno in aumento soprattutto tra le destre europee e negli Stati Uniti, dove ha contribuito all’ascesa presidenziale di Trump.
I partiti populisti possono essere ovunque nello spettro politico. In America Latina strenuo difensore è stato il defunto presidente venezuelano Chávez. In Spagna, il partito di sinistra Podemos, d’ispirazione socialista democratica, no global, eco-socialista e socialdemocratica, è contrario alle politiche di austerità dell’Unione europea e propugnatore della democrazia diretta e della difesa dei diritti sociali. In Grecia questa etichetta è stata assegnata anche a Syriza, partito appartenente alla sinistra radicale.
Tuttavia, il populismo raggiunge il suo massimo successo nei movimenti di destra, in particolare nella destra radicale. Politici “come Marine Le Pen in Francia, Viktor Orbán in Ungheria e Donald Trump negli Stati Uniti, combinano il populismo con il nativismo e l’autoritarismo.
Tuttavia, si sbaglia se si crede che tutti i populisti siano uguali. Uno dei motivi per cui la parola si è dimostrata così problematica è che i politici che adottano ideologie populiste – o i loro sostenitori – esitano all’idea di dover essere paragonati ai loro opposti sullo spettro ideologico. Alcuni studiosi sostengono che i populisti di destra tendono ad essere “escludenti” (omettendo, diciamo, i migranti o le minoranze etniche dalla loro concezione di un popolo virtuoso), mentre i populisti di sinistra hanno un concetto più ampio e inclusivo di chi conta come “il popolo”.
Cosa favorisce l’ascesa del populismo?
Gli esperti sottolineano che siano i cambiamenti sociali come il multiculturalismo e il globalismo, ma anche le crisi economiche, alla base dell’ascesa dei partiti populisti in Europa.
Martin Bull, direttore dell’European Consortium of Political Research (ECPR), afferma che l’emergere di partiti populisti in Europa potrebbe essere cominciato all’inizio degli anni 2000, per poi restare in sordina ancora per molti anni. L’aumento dei consensi sembra verificarsi a partire dal 2008 e, in particolare, dal 2011, quando la crisi bancaria si è trasformata in una crisi del debito sovrano.
Era una rara occasione in cui una classe d’élite – i ricchi banchieri – poteva essere identificata più o meno direttamente responsabile di una crisi che colpiva la maggioranza della società.
Bisogna anche sottolineare che i populisti operano all’interno di sistemi democratici, anche se, una volta al potere, alcuni hanno l’abitudine di intaccare i principi della democrazia liberale, come ha fatto Orbán in Ungheria.
In effetti, si potrebbe sostenere che, poiché il populismo galvanizza un’ampia e disillusa base di elettori trascurati e offre loro una nuova rappresentanza, è tipicamente democratico.
I populisti sono popolari?
Decisamente sì, e con un incremento costante. I populisti hanno sfondato in India, Messico, Filippine, Brasile e Stati Uniti per conquistare il potere negli ultimi anni.
In Europa, un’analisi statistica condotta dal Guardian ha stabilito che i populisti hanno triplicato il loro voto negli ultimi 20 anni, tanto che più di un europeo su quattro ha votato in media per i partiti populisti alle ultime elezioni. Mentre 12,5 milioni di europei vivevano in un Paese con almeno un membro del governo populista nel 1998, nel 2018 erano aumentati di oltre dieci volte, arrivando a 170,2 milioni.
In Germania, il partito populista di estrema destra Alternative fur Deutschland ha aumentato il suo voto più di sei volte nel 2017 per diventare il terzo partito più grande in parlamento. In Italia, ai populisti è andata ancora meglio nel 2018, con tre partiti populisti tra i primi cinque, guadagnando tra loro più della metà dei voti.
Nel Regno Unito, l’Ukip ha portato il numero di voti da 100.000 nel 1997 a quasi 4 milioni nel 2015. Negli ultimi 10 anni, i populisti hanno conquistato il potere anche in Grecia, Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, arrivando ad avere una quota di potere in Austria e Norvegia.
Perché i populisti sono riusciti ad affermarsi?
Globalizzazione. Recessione. Migrazione di massa. Disuguaglianza vertiginosa. L’incapacità percepita dell’establishment politico di occuparsi di tutte queste problematiche.
Una serie di fattori si sono combinati negli ultimi anni per suscitare l’impressione nell’opinione pubblica – qualcuno direbbe la realtà – che il mondo sia governato da plutocrati, oligarchi e politici semi-distaccati nell’interesse di pochi, non di molti.
Gli incessanti movimenti migratori forniscono ai populisti argomentazioni a sostegno del fatto che le élite politiche non siano in grado di gestire il tipo di immigrazione che, secondo loro, minaccia posti di lavoro, salari e coesione sociale.
Nel frattempo, il numero di miliardari è quintuplicato negli ultimi 20 anni, poiché la globalizzazione ha aperto nuovi mercati per gli imprenditori a cui attingere e allo stesso tempo rende possibile proteggere capitali, beni e entrate. Le otto persone più ricche del mondo possiedono quanto i 3,5 miliardi più poveri. La quantità di denaro delocalizzata dall’élite finanziaria è stimata fino a 10.000 miliardi di euro, ovvero un numero con 13 zeri.
Ma ci sono anche molti fattori non economici che possono offrire spiegazioni parziali per l’ascesa del populismo: un contraccolpo culturale contro le élite, una rivoluzione tecnologica, una convergenza di partiti politici di destra e sinistra ormai indistinguibili su un centro tecnocratico.
Esattamente quale mix di fattori abbia creato uno sfondo così fertile per i populisti è oggetto di molti dibattiti. Ma, come afferma il politologo Benjamin Moffitt: “I tempi sono maturi per attori politici astuti che possono parlare efficacemente in nome del “popolo” per ottenere grandi vantaggi politici”.
Leggi anche: